Il meme sopra purtroppo rappresenta in chiave ironica quello che sta diventando lo scenario pensionistico in Italia.
A partire dal 2010, dopo la crisi del debito greco, nel contesto delle manovre finanziarie correttive tese a contrastare la grande recessione che dagli Stati Uniti, (dove era nata con la crisi dei subprime), si era trasferita in Europa, vengono emanate in Italia anche nuove, incisive norme riguardanti le pensioni, volte a modificare la disciplina risalente alla riforma Dini del 1995. Tutto questo con il duplice scopo di:
- equilibrare strutturalmente la spesa pensionistica pubblica, costituita dagli assegni pensionistici correnti, con i contributi sociali (che comprendono i contributi previdenziali) versati dai lavoratori in attività
- mettere in sicurezza i conti previdenziali, facenti parte dei conti pubblici, e rendere sostenibile il sistema previdenziale nel lungo periodo.
La riforma è stata votata dalla coalizione di partiti che sostenevano il governo Monti, e di conseguenza emanata ai sensi dell’art. 24 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (detto “decreto salva Italia“) – convertito successivamente in legge 22 dicembre 2011 n. 214. Riforma tristemente nota anche come Riforma Fornero.
Questa riforma prevede:
- estensione pro-rata del metodo contributivo a quelli che erano precedentemente esclusi dalla Riforma Dini del 1995, che l’ha introdotto, (cioè coloro che nel 1995 avevano già 18 anni di contributi versati), a decorrere dall’1.1.2012
- aumento di un anno delle pensioni di anzianità, ridenominate “anticipate” e abolizione delle cosiddette quote (somma di età anagrafica e anzianità contributiva);
- allungamento graduale entro il 2018 dell’età di pensionamento di vecchiaia delle lavoratrici dipendenti private da 60 anni a 65 (più “finestra” mobile di 12 mesi decisa dalla L. 122/2010), per allinearle a tutti gli altri;
- adeguamento all’aspettativa di vita, dopo quello del 2019, non più a cadenza triennale ma biennale;
- blocco totale della perequazione delle pensioni superiori a 3 volte il trattamento minimo per gli anni 2012–2017 (poi, come già rilevato, dichiarato incostituzionale dalla sentenza n. 70/2015)
- riduzione da 18 mesi a 12 della “finestra” mobile per i lavoratori autonomi (equiparandoli, dunque, a tutti gli altri).
Stringendo un po’ tante informazioni tecniche potremmo riassumere il tutto con .. vado in pensione sempre più tardi e con meno soldi …
Ed allora come possiamo tutelare il nostro futuro? Quali “armi” abbiamo per contrastare questa serie di provvedimenti che ci metteranno sempre più in difficoltà?
Lo strumento adatto si chiama Previdenza Integrativa, un prodotto assicurativo che permette di accantonare un capitale (con tanto di vantaggio fiscale) per creare una rendita aggiuntiva alla pensione che andremo a percepire.